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PuntoSostenibile

Natura e cultura a braccetto

Intervista a Serenella Iovino, dicembre 2006

di Paola Fraschini
pubblicato il 28/02/2024

L’ecocriticism è stato finora un fenomeno tutto americano. Metodo interpretativo nato in Usa negli anni '90, propone un’interpretazione delle opere letterarie come veicolo di una “educazione a vedere” le tensioni ecologiche del presente. Serenella Iovino, oggi professoressa ordinaria alla University of North Carolina at Chapel Hill dove ha inaugurato la prima cattedra congiunta di Italian Studies and Environmental Humanities, si fa pioniera in Italia di questo metodo; un invito a pensare la letteratura come una strategia di sopravvivenza che possa aiutare l’uomo a superare le sfide poste dalla crisi ambientale. Vi proponiamo l'intervista fatta nel 2006 in occasione dell'uscita del suo Ecologia letteraria (2. ed. 2015) con cui ha contribuito alla diffusione delle scienze umane ambientali in Italia. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.


Ecologia letteraria

Una strategia di sopravvivenza
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Disponibile anche in versione digitale

Questo è il primo studio di ecocriticism ad apparire in Italia [2006]. Di che si tratta?


L’ecocriticism, o ecologia letteraria, è un metodo interpretativo che studia le relazioni tra il testo letterario e l’ambiente naturale. Non è un meccanismo nuovo: la critica marxista, per esempio, studia i testi come specchio delle dialettiche sociali, mentre quella femminista pone l’accento sulle dinamiche di genere. Analogamente l’ecocriticism vede il testo come rappresentazione non neutrale del rapporto tra mondo umano e mondo non umano. All’inizio questo metodo si concentrava su testi il cui oggetto erano espressamente la natura o l’ambiente. Oggi l’ecocriticism non si lega più a un genere specifico, ma può includere ogni tipo di opera, anche i grandi classici.

Perché “ecologia letteraria”?


Parlare di “ecologia” letteraria presuppone una visione ecologica, inclusiva. L’ecologia non è solo una scienza, ma il pensiero dell’interconnessione dei fenomeni sullo sfondo di un ambiente. Questi fenomeni possono essere organismi viventi ma anche idee, culture, forme dell’immaginario.
L’ecologia letteraria rappresenta il tentativo di avvicinarsi ai testi, leggerli e interpretarli proprio alla luce di un’idea di interdipendenza ecologica. Tra testo e mondo si crea un rapporto di azione e retroazione che investe più livelli: l’azione del mondo sul testo e, ancor di più, la possibile azione del testo sul mondo. Per l’ecologia letteraria tra natura e cultura esiste una relazione che non è solo di contiguità, ma di azione reciproca; e le opere letterarie possono avere la funzione di evocare i valori legati a questa reciprocità. I testi letterari possono, cioè, condizionare la nostra percezione del mondo e il nostro agire.

In che modo l’ecologia letteraria dovrebbe rappresentare una strategia di sopravvivenza? Che nesso c’è tra questa visione ecologica della letteratura e una visione “darwiniana”?


Il primo a parlare di ecologia letteraria è stato Joseph Meeker, uno studioso americano amico di Konrad Lorenz. Nel 1972 Meeker pubblica un libro in cui si pone un interrogativo “darwiniano”: se gli esseri umani sono gli unici “animali letterari”, quale ruolo gioca la letteratura nella loro evoluzione? Altrimenti detto: c’è davvero un dualismo tra natura e cultura? O non è piuttosto la cultura una forma del nostro stare al mondo, vincolata alle sollecitazioni che da esso provengono?
Nel mio libro la prospettiva evoluzionistica è una cornice concettuale che mi aiuta a sottolineare un’idea non dualistica di natura e cultura. Non si deve però confondere quest’idea con l’atteggiamento di chi giustifica soprusi e distruzioni come rientranti necessariamente nella “natura umana”. In fondo dalla biologia discende anche la nostra capacità di scegliere. Si può anzi dire che la libertà di agire e la possibilità di decidere responsabilmente del futuro rientrino nel nostro cammino evolutivo proprio come qualcosa che può aiutarci a sopravvivere.
Se però non siamo in grado di comprendere il nesso tra biologia e cultura non siamo neppure in grado di comprendere che la vita umana dipende dalla salute dell’ambiente.
Trovare anche nella letteratura le chiavi di questa consapevolezza può aiutarci a recuperare la nostra umanità senza perdere il mondo. E forse può realisticamente creare le condizioni di una sopravvivenza congiunta di uomo e natura.

Dunque la letteratura può aiutarci, in un certo senso, a “orientare consapevolmente” la nostra evoluzione. Come può farlo oggi, mentre la crisi ambientale si fa più pressante? Quali strumenti ci offre?


La letteratura è di per sé uno spazio privilegiato di visibilità per i concetti “extraletterari”: questo lo aveva capito già Platone. In questo senso, credo che pochi libri come Marcovaldo di Calvino, ad esempio, esprimano meglio la nostra alienazione dalla natura e il senso di smarrimento e nostalgia che essa comporta. Allo stesso modo, le opere di Pasolini sono fondamentali per capire come le crisi della società e della cultura siano anche crisi della natura e del paesaggio.
Ma anche leggere i classici “ecologicamente” riserva sorprese: come sarebbe stato il viaggio di Dante, se non si fosse perso in una “selva”? Se la natura offre alla nostra creatività un formidabile armamentario di simboli e di strumenti, forse significa che tra la realtà umana e quella naturale non c’è una separazione così netta e definitiva. La funzione dell’ecocriticism è proprio quella di educarci a superare l’idea di questa separazione.

Quando si potranno vedere anche in Italia cattedre universitarie di Letteratura e ambiente? In Usa la prima risale al 1990...


Spero presto. Tuttavia, credo che più importante delle cattedre universitarie sia un’educazione ambientale che inizi dalle elementari. Una formazione che non ci aiuti a capire e a conservare le condizioni necessarie alla vita è priva di un reale progetto educativo, oltreché colpevolmente miope verso il futuro.


Immagine: di Patrick Tomasso (Unsplash)


Intervista pubblicata su PuntoSostenibile nel dicembre del 2006