Colonialisti del tempo
Il lunedì dopo il talk di sabato 30 settembre che al festival Internazionale a Ferrara ha visto coinvolti Roman Krznaric, Leonardo Caffo e Giulia Zoli in veste di moderatrice, in una delle tante newsletter che arrivano (questa era Ok boomer! che mi riguarda in quanto membro della categoria) leggo: “Ma una rivoluzione fondata sulla cultura, sulla parola, sui libri: quella non è più nel novero delle cose.”
Eppure a Ferrara la parola che aveva attirato nel cortile del Castello Estense centinaia di persone a partecipare – e non solo ad assistere – al talk era esattamente “rivoluzione” e quella di cui hanno discusso i due filosofi riguarda i modelli di pensiero. Ma del resto, non nascono così le rivoluzioni, dal cambiamento nei modelli di pensiero? E dove si trovano ancora – e nonostante tutto – le forme più approfondite, organizzate e compiute di pensiero se non nei libri?
Come essere un buon antenato
Un antidoto al pensiero a breve termine
Roman KrznaricAlla fine dell’incontro nessuno ha preso d’assalto i luoghi del potere e nemmeno allevamenti intensivi di galline o maiali (visto che anche di questo si è parlato), ma quantomeno un temporaneo scossone c’è stato di sicuro e lo si vede nei video che abbiamo postato nei nostri social. Il pensiero si è mosso, molto attraverso le emozioni. Più di questo cosa può fare un evento culturale di grande qualità come Internazionale a Ferrara? Adesso farò un’operazione spericolata e per parlare di Come essere un buon antenato citerò un altro libro: “…anche se riuscissimo ad accettare il colonialismo del passato non abbiamo ancora fatto nulla per contrastare il colonialismo del futuro. L’umanità si appropria del secolo entrante con la stessa spietatezza con cui nei tempi passati ci si appropriava di fette di mondo. Il colonialismo non è più qualcosa di territoriale, ma di temporale; il peggio forse non è alle spalle ma davanti a noi. Ci comportiamo come colonizzatori delle generazioni future, togliamo loro la libertà, la salute, addirittura la vita. Gli affibbiamo noi stessi. Il 2020 governa il 2080 con una brutalità e una indifferenza che stordiscono.”
Così si chiude Revolusi (Rivoluzione, ancora, questa volta in lingua bahasa indonesia) un libro di oltre 600 pagine scritto da David van Reybrouck. L’ha pubblicato Feltrinelli. Doppiamente bravi, per il libro in sé e perché a volte ci facciamo spaventare dall’idea di pubblicare libri “con troppe pagine” (!), ma ovviamente è una sciocchezza, conta cosa c’è dentro e questo è un libro spettacolare per la storia del colonialismo, del processo di decolonizzazione, dei suoi successi e – in definitiva – fallimenti. E si arriva lì: il colonialismo oggi per Reybrouck è esattamente lo stesso di cui parla Roman Krznaric, la colonizzazione del futuro, come se fosse un posto vuoto dove spostare tutto quello di cui non vogliamo occuparci, costringendo chi verrà dopo a fare i conti con una realtà troppo pesantemente condizionata dagli effetti dei nostri modelli di pensiero, dalle nostre scelte.
Allora verrebbe voglia di dare una risposta a Michele Serra (che peraltro ha ottimi e fondati argomenti per sostenere la sua tesi) e dire che non siamo un paese totalmente anestetizzato da una più che trentennale dittatura dell’idiozia e della volgarità, che a una rivoluzione nei modelli di pensiero non siamo insensibili. E a questo fine la parola, anche quella contenuta nei prodotti editoriali – siano libri o riviste come Internazionale – fa ancora la sua parte.
Immagine: The Plumb-pudding in danger, James Gillray, 1805.