Il problema dell’abbattimento degli orsi
E del nostro rapporto errato con la natura
Con la notizia dell’abbattimento dell’orso M90 in Trentino, si torna a parlare del problema dell’interazione fra orsi e umani in natura. E, soprattutto, delle misure da adottare per evitare che una delle due specie si trasformi in vittima e l’altra in carnefice.
Perché nell’epoca in cui è sempre più importante parlare di tutela degli animali e rispetto degli habitat, scegliere di validare la pratica dell’abbattimento come buona prassi per la sicurezza è un grande passo indietro.
Per questo, oggi vi proponiamo un estratto dal libro Che cosa è la biodiversità oggi, in cui l’autrice Valeria Barbi – politologa e naturalista, esperta di biodiversità e cambiamenti climatici – intervista Luciano Sammarone, Direttore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Il cuore del dibattito sono gli orsi marsicani presenti sul territorio e la loro lunga convivenza con i visitatori del parco e gli abitanti dell’area. Una coesistenza per molti ritenuta un esempio da studiare e seguire.
Che cosa è la biodiversità
oggi
Valeria Barbi“L’orso, come tutti i grandi carnivori, è una “specie ombrello”: è al vertice della catena trofica, e quindi la sua tutela consente, indirettamente, di proteggere le altre specie. Inoltre, necessita di ampi spazi e di habitat naturali, e quindi la conservazione dell’orso coinvolge molte componenti della biodiversità, dagli habitat stessi agli ecosistemi.
‘Nel Parco si stima vivano tra i 50 e i 70 individui, anche se il numero esatto non si saprà fino al prossimo censimento genetico, tra un paio di anni. È una popolazione in salute che però ci sta mandando un messaggio chiaro: ha bisogno di spazio e questo deve essere funzionale alla sua presenza’, spiega Sammarone.
‘La dispersione verso nuove aree è una strategia messa in atto naturalmente nel mondo animale, sia per non dover competere per le risorse ed evitare accoppiamenti con consanguinei (inbreeding), sia per cercare individui con cui riprodursi. Ed è quello che sta accadendo anche all’orso che, peraltro, può coprire decine di chilometri al giorno e spingersi nei pressi dei centri abitati. […] Da questo punto di vista, continua Sammarone, l’orso confidente potrebbe essere visto addirittura come una conquista perché è il risultato di un approccio diverso con la natura. Il problema, come spesso accade, è che da un dignitoso rispetto si è passati nuovamente all’arroganza. Le persone hanno iniziato ad avvicinarsi agli orsi che si aggiravano per i centri abitati. In poco tempo è arrivato persino il cibo lasciato a disposizione come si farebbe con il proprio animale domestico, contribuendo così a creare delle abitudini. E sto parlando di chili e chili di pagnotte tra i rifiuti’, specifica Sammarone.
‘Noi uomini – prosegue – continuiamo a voler gestire gli animali basandoci su concetti e principi prettamente antropocentrici. Ma la realtà è che degli animali, noi, non sappiamo un bel niente. Stabiliamo, in modo autonomo, che un orso può essere osservato da qualche decina di metri di distanza senza arrecargli disturbo. Ma è vero? In base a quale norma stabiliamo che da 50 metri non diamo fastidio a un orso che, dalla cima di un albero, svolge una funzione così vitale come nutrirsi. Proprio noi che, seduti a un bistrot, siamo soliti innervosirci per la presenza ravvicinata di un esemplare della nostra stessa specie che parla e ci impedisce di ascoltare il nostro commensale?’ Vale lo stesso per la gestione del loro spazio di movimento. Costringere gli animali a stare nelle aree protette dandogli del cibo, come suggeriscono alcuni, è l’antipasto della domesticazione. È un paradigma errato perché fa essere l’uomo governatore di tutto.”
Immagine: Marc-Olivier Jodoin (Unsplash)