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PuntoSostenibile

Meglio connettere

di Marco Moro
pubblicato il 05/03/2024

Con il recente episodio della presunta classifica delle città con la peggiore qualità dell’aria nel mondo abbiamo potuto fare la conoscenza di un altro modo – forse nemmeno così intenzionale – di creare confusione su temi cruciali e in definitiva di gettare discredito su una pratica che negli ultimi anni ha registrato una crescente diffusione: la citizen science. Il coinvolgimento dei cittadini nel monitoraggio di alcuni parametri ambientali, come la qualità dell’aria, ha quantomeno un effetto di grande importanza: sviluppo della conoscenza da un lato e coinvolgimento diretto delle persone, una forma di attivismo che può produrre movimenti di pressione informati in merito a determinati problemi. 

Cosa ci fosse di sbagliato in quella presunta classifica è ormai noto, ma forse il punto più controverso della vicenda è che a stilarla fosse un produttore di sistemi di depurazione dell’aria e produttore anche di sistemi di monitoraggio “a portata del cittadino”.

È curioso leggere nel sito di questa azienda le pagine dedicate a promuovere la pratica della citizen science, invitando a “entrare nella rete” di monitoraggio “dal basso” della qualità dell’aria acquistando uno dei sistemi commercializzati dalla stessa azienda. Con partnership di Greenpeace, UNEP e UN-Habitat. Hai detto niente…

In sé, tra le tante pratiche di comunicazione aziendale platealmente scorrette (e in casa abbiamo veri campioni di cui avrei un gran piacere a fare il nome, ma dal momento che non possiamo permetterci di affrontare una querela, evito) questa non sembra nemmeno essere malintenzionata. È sulle conseguenze di una comunicazione approssimativa che vale la pena di soffermarsi: un colpo alla credibilità delle iniziative dal basso, al coinvolgimento dei cittadini, la produzione di un allarme rivelatosi eccessivo che ha dato l’opportunità allo scatenarsi del solito dibattito fatto di “una volta l’aria era molto peggio” (quindi ci sarebbe di che gioire?), sono le auto, no sono i riscaldamenti e via con le proposte di soluzioni improvvisate al momento che rischiano solo di far scadere nel ridicolo tutta la questione. Che è molto seria, almeno per due ragioni:

- l’aria sarà anche migliore di quando Milano, la presunta terza città più inquinata del mondo, era un grande centro industriale, ma i dati (anche quelli “ufficiali” se proprio non ci fidiamo della citizen science) dicono che è comunque pessima;

- le politiche in atto sembrano al momento largamente inefficaci rispetto alla gravità della situazione (si vedano i dati “ufficiali”, anche quelli sanitari), a meno che per “politiche” non si intenda aspettare che piova.

Quella che si è riproposta in questa vicenda è una dinamica che vediamo agire troppo spesso, e con effetti nefasti soprattutto quando si tratta di tematiche ambientali, per loro natura complesse. Si semplifica (più o meno intenzionalmente), i media – anche quelli da cui ci si potrebbe ancora aspettare un minimo di fact-checking prima di fare i titoloni – abboccano e tutto finisce in caciara. Con almeno una vittima evidente, la credibilità della comunicazione sul tema.

Mercanti di dubbi

Come un manipolo di scienziati ha nascosto la verità, dal fumo al riscaldamento globale
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Che ne direbbe Naomi Oreskes? Aggiungerebbe una nuova tipologia di disinformazione alle tante che ha magistralmente svelato e raccontato? Magari le chiederemo un parere anche su questo. L’eccesso di semplificazione è comunque a volte una tentazione comprensibile, soprattutto quando la pratica del comunicare e informarsi sta mutuando ovunque tempi e modi dei social network. Creare un “luogo di decompressione”, di riflessione e informazione più approfondita è un obiettivo che ci proponiamo di perseguire – oltre che con i libri – oggi anche attraverso la collaborazione che avviamo con connettere.org, una iniziativa che già nel nome dichiara il proprio programma. Come affermano i suoi promotori “Il sapere è oggi spezzato in mille rivoli che scorrono indipendentemente l’uno dall’altro, e si è generata una nuova forma di ignoranza, la versione moderna dell’analfabetismo: l’incapacità di vedere le relazioni fra le azioni, i fenomeni, gli eventi, e gli ambiti di conoscenza. Nessuno osa più mettere in dubbio che il tutto è più della somma delle sue parti, ma pochissimi escono dal chiuso della propria area di competenza, per connetterla al tutto, cioè all’insieme delle altre.” Chi c’è “dietro” connettere.org? Scopritelo.

 

Immagine: Vlad Tchompalov (Unsplash)