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Gli antenati col sole viola, in una zuppa di plastica

di Annamaria Duello
pubblicato il 26/07/2023

La zuppa è pronta, cotta a puntino. Condita con microplastiche e mesoplastiche, insaporita da polimeri a bassa densità come polietilene e polipropilene, ma anche poliammidi, vernici a base di plastica, cloruro di polivinile, polistirene e alcol polivinilico. Tutto servito alla temperatura record di 28,71 °C.

Per chi se lo stesse chiedendo, stiamo parlando del Mar Mediterraneo. Caldo come non lo è mai stato, traboccante di plastica come non avremmo mai voluto immaginarlo. Definitivamente catalogato come una delle regioni marine più colpite al mondo per quanto riguarda l’inquinamento da microplastica (il 92% delle plastiche trovate in mare non supera i 5 mm!) e proposto come la sesta grande zona di accumulo di rifiuti marini, dopo quelle già individuate fra Oceano Altantico, Indiano e Pacifico. Zone che in passato qualcuno chiamava “isole”, non-luoghi dell’incubo, chilometriche macchie di rifiuti galleggianti trasportati dalle correnti, che più correttamente oggi definiamo “zuppe”. Un intrico viscoso di rifiuti internazionali destinato a spandersi e, a questo ritmo, a soffocarci.

Dell’inquinamento da plastica, dei danni irreparabili all’ecosistema, alla biodiversità marina e alla conseguente salute dell’uomo parla bene l’Atlante mondiale della zuppa di plastica di Michiel Roscam Abbing, pubblicato qui in Italia in piena pandemia in collaborazione con Legambiente e Plastic Soup Foundation. E lo fa attraverso immagini impressionanti, figlie di un drammatico reportage in giro per i mari.

A pochi anni dall’indagine di Roscam Abbing, il nostro mare, il Mare Nostrum per definizione, manda segnali di allarme ancora più preoccupanti. Nel momento in cui scriviamo questo articolo le acque del Mediterraneo hanno toccato la temperatura record di 28,71 gradi centigradi. La temperatura più alta mai registrata dopo il picco di 28,25 gradi nell’agosto del 2003. Il dato, annunciato dall’Istituto di Scienze Marine di Barcellona, arriva nel bel mezzo di una catastrofica ondata di caldo che ha investito gran parte del bacino mediterraneo.

Un caldo estremo che ha spezzato in due l’Italia. Da un lato picchi di 47° gradi, black-out e incendi al Centro e al Sud, dall’altro tornado, grandine e fenomeni estremi al Nord. Un luglio che nessuno dimenticherà, se non altro perché segna una nuova presa di coscienza collettiva sulla crisi climatica. E mentre i turisti fotografano le insegne impazzite delle farmacie toccare i +51°, le applicazioni meteo decidono di assegnare un nuovo colore al sole per segnalare l’allerta. Chi di noi ha consultato il meteo da smartphone in questi giorni si sarà accorto dell’infelice comparsa di un minuscolo sole di colore viola per le temperature dai 43 gradi in su. Una nuova icona che speriamo di vedere il meno possibile, e che arriva sotto i nostri occhi come un monito, un segnale dei tempi incerti e preoccupanti che viviamo (qualcuno ha detto ecoansia?).

Cosa diranno di noi le generazioni che verranno? L’ultimo arrivato in casa Edizioni Ambiente, Come essere un buon antenato di Roman Krznaric, parla proprio di questo. Siamo sicuri di essere gli antenati che avremmo voluto per noi stessi? Che mondo – che mare, che città, che foreste, che clima – lasceremo a chi verrà dopo? Per i figli dei nostri figli saremo gli antenati col sole viola e col mare di plastica, ancora incapaci di afferrare il volante e invertire la rotta?


Immagine: Diana Lopez (Unsplash)