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PuntoSostenibile

Bisfenolo e cultura del limite

di Marco Moro
pubblicato il 28/08/2024

In uno scenario politico europeo che si pensava dovesse vedere un trionfo delle destre più reazionarie, la realtà si è dimostrata essere più complessa e articolata di quanto raccontavano i sondaggi, strumenti sulla cui utilità e obiettivi reali bisognerebbe tornare a interrogarsi. Un dato però rimane sullo sfondo (ovviamente solo per chi è interessato alla questione): quale futuro per la transizione ecologica prefigurata con il Green Deal europeo dalla prima Commissione Von der Leyen? Se ci sarà, cosa e come sarà la transizione?

La crescita verde

Il futuro dell'economia nell'era del cambiamento climatico
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In questi anni, quantomeno in alcuni ambiti, si è sviluppato un intenso dibattito e una altrettanto intensa produzione di studi e documenti sul tema della “giusta transizione ecologica”, ovvero sulla possibilità che questa si accompagni a una trasformazione verso una società maggiormente basata su modelli solidaristici anziché sull’individualismo che oggi ne è tratto caratterizzante con tutto ciò che ne consegue in termini di crescita delle disuguaglianze. Può essere una prospettiva credibile all’interno di un sistema di capitalismo globale che, come sostiene Alessio Terzi“sembra funzionare per pochi, non per molti, quindi accelera la concentrazione di ricchezza e potere. In secondo luogo, essendo alimentato da combustibili fossili, ha instradato l’umanità su un percorso che, se non rettificato, porterà al disastro climatico”?

Nel suo libro La crescita verde, Terzi si è messo in un ruolo decisamente scomodo, che può far pensare a un subdolo “sdoganamento” per una narrazione che può consentire di continuare con il business as usual e di ritardare il cambiamento, compito in cui sono impegnati a fondo diversi settori dell’economia e i loro portavoce politici che vedrebbero bene l’affossamento del Green Deal

Questo, ovviamente, se invece di leggere il libro ci si limita al titolo. Ma come scrive saggiamente Enrico Giovannini nella prefazione, non sono d’accordo su tutto, ma parliamone. Perché ne vale la pena, aggiungo, visto che il sistema dimostra, come dire, una certa resistenza al cambiamento. È possibile una “buona crescita” o una “crescita per il bene” (che tradotto più o meno letteralmente è il titolo originale del libro)?

Cosa può essere esattamente questo “bene” e di quali riforme ha bisogno il capitalismo per poterlo realizzare? E dall’altra parte, visto che il tema dei limiti rimane ineludibile se si persegue la messa in opera di un modello economico e sociale capace di pensarsi su quel lungo termine di cui parla Roman Krznaric in Come essere un buon antenato, cosa diventa la crescita quando fa i conti con il limite? Terzi, onore al merito, prova a risolvere il rebus.

E a proposito, il bisfenolo cosa ha che fare con la cultura del limite? È una delle oltre 350.000 novel entities che abbiamo immesso nell’ambiente, come mi hanno raccontato Sarah Cornell e Patricia Villarrubia Gomez dello Stockholm Resilience Centre in occasione di un’intervista che verrà pubblicata sul prossimo numero di Materia Rinnovabile. Il bisfenolo A, di cui è nota la potenziale tossicità, è presente per esempio nelle resine utilizzate per il rivestimento interno delle lattine per alimenti, e da questo può migrare, come rilevato da recenti test su confezioni di mais in scatola, negli alimenti stessi. La buona notizia è che lo sappiamo e che da fine 2024 in Ue verrà messo al bando per questo tipo di impieghi. La brutta notizia è che nell’intervista alle ricercatrici del SRC è emerso che di molte migliaia di sostanze chimiche immesse nell’ambiente non si sa, in sostanza, nulla rispetto alla potenziale pericolosità. 

Servono proprio tutte o anche qui si è persa totalmente l’idea di limite?


Immagine: Pedro Forester Da Silva (Unsplash)