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La geologia boccia l’Antropocene come indicatore del tempo geologico

Ma il suo valore è più vivo che mai

di Gianfranco Bologna
pubblicato il 10/04/2024

Immagino che ormai tutti abbiano sentito parlare del fatto che i geologi stavano studiando, da un paio di decenni, la possibilità di indicare una nuova epoca geologica nel Geological Time Scale (cioè la scala della cronologia geologica ufficiale della Terra) con il quale gli scienziati hanno classificato le diverse tipologie (definiti come eoni, ere, periodi ed epoche) che indicano le varie fasi della storia del nostro pianeta dalla sua origine, 4,6 miliardi di anni fa, a oggi.

Questa nuova entità geologica è stata definita Antropocene. I primi scienziati che hanno sottolineato la possibilità che si potesse concretizzare questa ipotesi in una formale definizione geologica nella storia della Terra sono stati l’ecologo Eugene Stoermer (1934-2012) e il chimico dell’atmosfera e premio Nobel per la Chimica 1995, Paul Crutzen (1933-2021).

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Questa ipotesi ha avviato oltre 20 anni di interessantissime ricerche mirate a individuare dei limiti che segnano la differenza degli intervalli dei tempi geologici che, in genere, sono costituiti da segni biostratigrafici distintivi come la comparsa del primo organismo fossile di una fase geologica che si differenzia dalla precedente. Si tratta di quei marcatori che i geologi definiscono “chiodi d’oro” (golden spykes) e che identificano un punto specifico nella precisa sequenza di uno strato roccioso (definito stratotipo) e che sono formalmente indicati nelle scienze geologiche come GSSP (Global Boundary Stratotype Section and Point).

Il 20 marzo scorso un comunicato ufficiale dell’International Union of Geological Sciences (IUGS) ha dichiarato che il presidente dell’IUGS, John Ludden (del Lyell Centre della Heriot-Walt University di Edinburgo) e il segretario generale, Stanley Finney (del dipartimento di Scienze Geologiche della California University) hanno convalidato il voto della sottocommissione sulla Stratigrafia del Quaternario (SQS) della Commissione Internazionale di Stratigrafia (ICS) che ha respinto la proposta di formalizzare una nuova epoca geologica, definita Antropocene come unità formale della scala temporale geologica.

Il comunicato ricorda che i membri votanti della SQS hanno una vasta esperienza e una vasta competenza nella stratigrafia e nella cronologia del periodo del Quaternario (che copre gli ultimi 2,58 milioni di anni della Terra) e che il loro voto è stato approvato dall’esecutivo dell’ICS e tale approvazione è stata sostenuta dalla stragrande maggioranza dei presidenti delle diverse sottocommissioni dell’ICS. Non ci sono “chiodi d’oro” e relativi GSSP che possono garantire un’indicazione specifica nel Geological Time Scale.

Ma il comunicato tiene comunque a sottolineare che,nonostante il rifiuto formale del mondo dei geologi a indicarlo come una nuova unità ufficiale della scala temporale geologica, l’Antropocene continuerà comunque e giustamente a essere utilizzato non solo dagli scienziati della Terra e dell’ambiente, ma anche dagli scienziati sociali, dai politici e dagli economisti, nonché dal pubblico in generale, perché resta un inestimabile descrittore dell'impatto umano sul sistema Terra.

Il dibattito sull’Antropocene in questi ultimi anni si è giustamente ampliato a ovvie considerazioni politiche ed economiche. È evidente a tutti che esiste una drammatica differenza nell’impatto ambientale provocato dalle persone ricche del pianeta rispetto a quelle meno abbienti, per non parlare di quelle in stato di estrema povertà. Gli esseri umani non hanno mai modificato la Terra in maniera equa, i più ricchi che vivono nelle società più avanzate sono inevitabilmente la causa principale del cambiamento climatico globale e dei profondi impatti ambientali che abbiamo causato nei vari ecosistemi del mondo. Non si può quindi incolpare l’intera umanità per la profonda trasformazione delle dinamiche del nostro pianeta che abbiamo provocato, e non è un caso che molti scienziati naturali e sociali abbiano fatto presente la necessità di superare l’idea che il cambiamento ambientale globale sia il prodotto di un’umanità indifferenziata, in quanto nasconde le realtà politiche che stanno alla base di questi cambiamenti, e coinvolge chi perde e chi invece trae beneficio da questa situazione.

Paul Crutzen in un suo libro Benvenuti nell’Antropocene! (Mondadori, 2005) così scrive a proposito dell’avvio del percorso scientifico del termine Antropocene di cui è stato protagonista: “Sono convinto che il cambiamento dei parametri essenziali del clima segni l’inizio di una nuova epoca geologica e ho proposto di chiamarla Antropocene (dal greco anthropos, uomo). A differenza del Pleistocene, dell’Olocene e di tutte le epoche precedenti, essa è caratterizzata anzitutto dall’impatto dell’uomo sull’ambiente [...] siamo noi, capaci di spostare più materia di quanto facciano i vulcani e il vento messi insieme, di far degradare interi continenti, di alterare il ciclo dell’acqua, dell’azoto, del carbonio e di produrre l’impennata più brusca e marcata della quantità di gas serra in atmosfera degli ultimi 15 milioni di anni. Certe epoche sono caratterizzate dai resti fossili di specie scomparse, l’Antropocene è contraddistinto dalla specie diventata improvvisamente determinante per gli equilibri della Terra e del clima. L’idea nacque per caso, nel corso di una riunione del comitato scientifico dell’IGBP (International Geosphere-Biosphere Programme) che si teneva la mattina del 22 febbraio 2000 a Cuernavaca, in Messico. Chi presiedeva la riunione stava parlando dell’attività umana nell’Olocene, quando lo interruppi per osservare che l’Olocene era tramontato e ormai eravamo nell’Antropocene. Il termine mi venne in mente lì per lì, per sottolineare il fattore umano. L’Antropocene sta quindi per ‘epoca geologica dell’uomo’; così come antropico vuol dire ‘relativo all’uomo’ e ‘antropogenico’ sta per prodotto dall’uomo. A Cuernavaca, dopo la mia osservazione tutti rimasero in silenzio per qualche istante e nessuno fece commenti. Ma durante la pausa caffè, uno dei membri del comitato mi disse che il mio intervento meritava il lungo viaggio che aveva dovuto affrontare per venire in Messico. Mi resi subito conto della forza e della portata della parola Antropocene. Appena rientrato a casa, controllai per vedere se non fosse stata già usata in precedenza e scoprii che lo aveva fatto Eugene Stoermer, un biologo dell’Università del Michigan, conversando con dei colleghi su internet. Presi contatto con lui e scrivemmo insieme un articolo sulla rivista dell’IGBP.”

Nelle sue successive pubblicazioni, lo stesso Crutzen citò anche il nostro geologo Antonio Stoppani (1824-1891), che nel 1873 definì “era antropozoica” l’intervallo di tempo dovuto all’impatto umano sulla Terra, mentre il politico e geografo statunitense George Perkins Marsh (1801-1882), primo ambasciatore USA nel nuovo Regno d’Italia, nel suo interessante volume L’uomo e la natura del 1864, aveva già illustrato la trasformazione fisica di numerosi ambienti, in particolare nell’area mediterranea, segnalando gli effetti di questi impatti che riducevano alcune aree a un grado di desolazione paragonabile a quello della Luna.

La proposta di Crutzen e Stoermer è stata giustamente presa in considerazione dalla già citata Commissione stratigrafica internazionale (ISC) che, per conto dell’Unione internazionale di scienze geologiche (IUGS), stabilisce il Geological Time Scale, la scala della classificazione della storia della Terra distinta in eoni, età, periodi ed epoche. La Commissione ha istituito nel 2009 un apposito gruppo di lavoro sull’Antropocene, formato da diversi esperti, soprattutto geologi ma non solo, per verificare le basi scientifiche di carattere geologico e considerare se vi fossero le basi scientifiche indicate dalla geologia per formalizzarlo in maniera ufficiale nel Geological Time Scale come una nuova entità geologica della storia della Terra. Il Gruppo di lavoro nel 2019, con una specifica votazione, aveva ritenuto vi fossero le basi geologiche per approvare l’idea di formalizzare questa nuova entità geologica.

L’ampio dibattito che si è scatenato sul concetto di Antropocene, come già ricordato, ha stimolato una grande quantità di ricerche sulle scienze del sistema Terra, tanto da promuovere la fondazione di nuove riviste scientifiche dedicate proprio alle ricerche sull’Antropocene, con titoli quali “The Anthropocene Review”, “Elementa: science of the Anthropocene” e “Anthropocene”. Alcuni studiosi delle scienze del sistema Terra (Owen Gaffney e il compianto Will Steffen) sono giunti addirittura a proporre l’equazione dell’Antropocene, che certificherebbe come allo stato attuale, a causa soprattutto degli stili di vita fortemente consumistici di gran parte delle nostre società benestanti nell’arco degli ultimi settanta anni, periodo che gli studiosi definiscono come “la grande accelerazione” (Great Acceleration) del nostro impatto sul pianeta, l’intervento umano abbia causato complessivamente effetti così profondi sui cambiamenti del sistema Terra da ritenersi superiori a quelli dovuti alle forze di origine astronomica, geofisica e interna alle dinamiche del sistema stesso.

Insomma l’Antropocene, come concetto descrittivo del pesantissimo impatto provocato dalla nostra specie sul pianeta, è più vivo e forte che mai. È divenuto ormai il comune collegamento tra le tantissime e affascinanti ricerche interdisciplinari che in tutto il mondo sono in atto per studiare le motivazioni, le dimensioni, le cause e gli effetti dei nostri impatti sui sistemi naturali del pianeta.

Immagine: Joshua Rawson-Harris (Unsplash)