Scienza sotto attacco (ma l’obiettivo è un altro)
È ancora possibile credere che attaccare la ricerca scientifica, come in modo disgustoso e plateale sta avvenendo negli USA, sia un’operazione motivata dall’esistenza di “verità alternative”? Teorie contrarie, scoperte che non vengono volutamente fatte emergere, occultate da non meglio identificati poteri? Credere che “non ce lo dicono”? Che la scienza, soprattutto la ricerca pubblica, indipendente, sia un “potere forte” controllato da non si sa chi?
Sì, evidentemente è possibile, altrimenti il sostegno a quelle parti politiche, anche nostrane, che praticano il negazionismo, il populismo più becero, lo scetticismo strumentale, la manipolazione di dati e informazioni, il complottismo e che propongono l’ignoranza come un valore, non avrebbero il successo che hanno. Aiutate come sono da un sistema dei media di massa servile e prontissimo ad accettare qualsiasi cosa pur di fare audience o vendite e dallo spostamento massiccio verso i social network come fonte primaria di informazione (ma poi, nei social chi realmente ci va per informarsi?).
In uno scenario del genere sentire una voce che si leva fuori dal coro è perciò qualcosa che non solo rincuora, ma soprattutto dà uno stimolo a proseguire nel nostro lavoro. L’incontro che durante BookPride Milano abbiamo dedicato all’attacco alla scienza, in occasione della nuova edizione del libro di Naomi Oreskes ed Erik M. Conway, Mercanti di dubbi, ci ha dato questo segnale, per le tante persone che lo hanno seguito (la sala era davvero stracolma!), per gli argomenti con cui i relatori hanno catturato l’attenzione del pubblico, per la qualità di una partecipazione penalizzata solo dal tempo limitato che avevamo a disposizione. Salute, clima, lavoro sull’informazione sono i temi attorno ai quali si è sviluppata la discussione, spingendosi fino a quella che è la frontiera più pervasiva della disinformazione, ovvero il greenwashing di imprese e organizzazioni di ogni tipo. Governi inclusi.
Mercanti di dubbi
Come un manipolo di scienziati ha nascosto la verità, dal fumo al riscaldamento globale
Naomi Oreskes, Erik M. ConwayQuello che sta succedendo negli Stati Uniti costituirà un modello per chi ha tutta l’intenzione di seguirne l’esempio. Lì non si tratta più di negazionismo o solo di occultamento di dati e informazioni, si va alla radice, si impedisce la ricerca sulle tematiche ritenute “non allineate” rispetto alle politiche che si intendono mettere in atto.
Senza arrivare a situazioni che potevano sembrarci impensabili fino a qualche mese fa, si può procedere anche in modo più soft, meno visibile. Tagliare progressivamente le risorse per la ricerca pubblica e per l’istruzione in generale, per le università (soprattutto quelle pubbliche), depotenziare istituzioni o agenzie (o frammentarne le competenze), non farle lavorare, non chiuderle magari, perché alle poltrone non si rinuncia mai, ma riempirle di incompetenti, incapaci o “clienti” dell’eletto di turno. Siamo così lontani da questo in Italia?
Ogni tanto con Naomi Oreskes ci scambiamo qualche messaggio. Il tono di solito è incredulità nel vedere come un libro scritto ormai più di 15 anni fa diventi sempre più attuale.
Pare che i libri con tante pagine intimidiscano il lettore. Francamente, se in questo momento dovessi avere paura di qualcosa, non sarebbe certo di Mercanti di dubbi. Sapere come hanno funzionato e funzionano tuttora le pratiche di disinformazione di massa è importante, specie se l’attacco mira a due beni comuni per eccellenza: l’ambiente e la salute pubblica. Sabotare l’informazione significa minare il fondamento della democrazia. Interessa?
Immagine: Eduardo Gorghetto (Unsplash)