PuntoSostenibile

L'intervista di Bill McKibben a James Hansen

Ottobre 2010

a cura della redazione
pubblicato il 15/11/2023

Nel 1988 James Hansen, nel corso di un’udienza davanti al Senato degli Stati Uniti, affermò che il riscaldamento globale era reale e che avrebbe potuto costituire un problema per la civiltà umana. L’anno successivo, Bill McKibben pubblicò La fine della natura, il primo libro non specialistico in cui si menzionavano gli effetti del global warming. Sono passati trentacinque anni, e Hansen, uno dei climatologi più importanti del mondo e autore di Tempeste, e McKibben, autore di Terraa e animatore di 350.org, campagna di mobilitazione mondiale contro il riscaldamento globale, in questa intervista del 2010 tornano a lanciare l’allarme sui rischi che l’umanità sta correndo.

Tempeste

Il clima che lasciamo in eredità ai nostri nipoti, l'urgenza di agire
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Jim, quest’anno [2010], in più di una dozzina di nazioni, sono stati stabiliti i nuovi record delle temperature, e in Asia e nel Sud Est asiatico sono state toccate le temperature più alte di sempre (53,5 °C in Pakistan). Come si spiegano questi valori, se la temperatura globale è cresciuta “solo” di circa un grado?

Quello che sta succedendo, con i nuovi record delle temperature minime e massime, è in buon accordo con quanto abbiamo predetto negli anni Ottanta, quando testimoniai di fronte al Congresso a proposito degli effetti previsti del riscaldamento globale. 

È vero, il riscaldamento globale è 'solo' di circa un grado, ma è comunque parecchio. Durante l’ultima Era glaciale, quando New York, Minneapolis e Seattle erano ricoperte da uno strato di ghiaccio spesso un chilometro e mezzo, la temperatura media globale era inferiore a quella attuale di circa 5 °C. L’ultima volta che la temperatura media della Terra è stata più calda di 2 °C il livello del mare era di 25 metri più alto di quello attuale a causa della fusione dei ghiacci.

Va però ricordato che la variabilità meteorologica, che può essere anche di 10 o 20 °C in uno stesso giorno, sarà sempre superiore del riscaldamento medio. Se non rallentiamo le emissioni di gas serra, la variabilità meteorologica diventerà ancora maggiore nel futuro, e se il riscaldamento continuerà fino al punto di un rapido collasso delle calotte glaciali, sarà il caos.


Cosa ci puoi dire del “climategate” – il caso scoppiato in seguito al furto dai server dell’Università dell’East Anglia di migliaia di mail private – e degli errori dell’Ipcc sull’Himalaya? Gran parte dell’opinione pubblica ha maturato la convinzione che il riscaldamento globale sia un imbroglio.

Un imbroglio vero c’è stato. Solo che è stato perpetrato ai danni dell’opinione pubblica da quei sostenitori del business as usual che hanno ordito una massiccia campagna di disinformazione, per indurre le persone a pensare che la scienza sia sospetta. Il loro obiettivo è insinuare il dubbio, e con le mail rubate dai computer purtroppo ci sono riusciti. D’accordo, dalle mail rubate si possono desumere alcuni comportamenti discutibili degli scienziati, specie la riluttanza di alcuni di loro a fornire ai negazionisti i dati grezzi con cui elaborare le analisi delle temperature globali. I negazionisti hanno così strepitato che la scienza del riscaldamento globale si basa su dati truccati. In realtà, quest’affermazione è completamente priva di senso. Le analisi delle temperature della Nasa concordano con quelle dell’East Anglia, e i dati della Nasa sono pubblici, esattamente come le stringhe del software che serve per elaborare le analisi.

Mettila così: se qualcuno riuscisse a dimostrare che i grafici sul riscaldamento globale sono sbagliati diventerebbe famoso e probabilmente vincerebbe il Nobel. E allora perché i negazionisti non lo hanno ancora fatto? Sanno che non possono, e così cercano di rubare email, di estrapolare conversazioni private dal loro contesto e di delegittimare gli scienziati.

Anche l’“errore” dell’Ipcc sull’Himalaya è stato un imbroglio ai danni dell’opinione pubblica. L’Ipcc nel 2007 ha pubblicato tre corposi rapporti, ciascuno lungo un migliaio di pagine. È impensabile che, in mille pagine, non vi sia alcuna inesattezza. L’obiettivo dei negazionisti era setacciare i rapporti alla ricerca di errori, e poi lavorare sui media affinché nel pubblico si diffondesse l’impressione che tutti i rapporti fossero sospetti. Va detto che sono riusciti a fare egregiamente ciò che si erano riproposti: per settimane hanno riportato "notizie allarmanti" su possibili errori nei rapporti, le notizie sono state diligentemente segnalate dai media nonostante nessuna mettesse davvero in discussione le conclusioni dei rapporti. L’errore più grave che i negazionisti sono riusciti a trovare è l’affermazione che, se le emissioni di gas serra continueranno a crescere, i ghiacciai dell’Himalaya spariranno entro il 2035. In realtà, dato che i ghiacciai dell’Himalaya si trovano ad altitudini molto elevate, sicuramente sopravviveranno oltre il 2035. Inoltre, questa affermazione non compariva nel primo volume del rapporto Ipcc, quello dedicato alla fisica del clima, ma nel secondo, attinente agli impatti e alle strategie di adattamento, soggetto a procedure di revisione meno rigorose. Nel mondo reale, i ghiacciai si stanno fondendo rapidamente, e questo conferma il riscaldamento globale e la sua gravità. Durante la stagione asciutta, metà dell’acqua di fiumi come l’Indo e il Brahmaputra (tra i principali fiumi dell’Asia) proviene dalla fusione dei ghiacciai. Se i ghiacciai scomparissero, ci sarebbero più nevicate primaverili e alluvioni più intense, associate a una pericolosa riduzione della disponibilità di acqua dolce durante la stagione secca. Centinaia di milioni di persone dipendono da questi fiumi per la loro acqua. 

Tuttavia, i negazionisti hanno segnato un punto a loro favore strombazzando che l’Ipcc aveva sbagliato, e ribaltando le evidenze scientifiche. La fusione dei ghiacciai, invece che una ragione di preoccupazione, si è trasformata in uno strumento di propaganda per confondere l’opinione pubblica. Media attenti avrebbero rivelato il trucco, e invece hanno contribuito a rinforzarlo, diffondendo la notizia che l’Ipcc e i suoi rapporti erano imprecisi.


La proposta di 350.org (di stabilizzare l’anidride carbonica a 350 ppm, ndR) è stata contestata da alcuni attivisti, che chiedono livelli ancora più bassi per la CO2, 300 ppm o addirittura 280 ppm, il livello precedente la Rivoluzione industriale. Secondo te si tratta di richieste ragionevoli?

Tutto ciò che possiamo dire con certezza è che dovremmo puntare a "meno di 350 ppm", e che questo è tutto quello che ci serve per decidere le nostre politiche. Questo valore ci dice che dobbiamo tagliare rapidamente le emissioni da carbone, che dobbiamo rinunciare a estrarre i combustibili fossili non convenzionali e che non dobbiamo accanirci a voler trivellare petrolio e gas fino all’ultima goccia. In altre parole, dobbiamo muoverci il più velocemente possibile verso un’era post-fossile, basata sulle energie pulite.

Il motivo per cui non è possibile indicare un valore preciso per la concentrazione di CO2 è che l’anidride carbonica è solo una tra le forzanti di origine umana. Le nostre attività hanno anche fatto salire le concentrazioni di metano e di ozono troposferico; questi due gas hanno però un tempo di permanenza in atmosfera ridotto, così che se riduciamo le emissioni la loro concentrazione diminuisce subito. È plausibile pensare di ridurre le concentrazioni di questi gas, e ci sono valide ragioni per farlo, dato che l’ozono nella bassa atmosfera è dannoso per la salute umana e compromette i raccolti. Ridurre le concentrazioni di ozono e metano abbassa il valore di cui dobbiamo ridurre la CO2.

D’altro canto, ci aspettiamo che nei prossimi decenni diminuiscano anche le emissioni di aerosol atmosferici (polveri fini disperse nell’aria). Gli aerosol sono dannosi per la salute, ma nel complesso esercitano un effetto raffreddante sul clima, e la loro riduzione ci imporrà di diminuire ancora di più la CO2. Comunque, gli aerosol di origine umana non torneranno a valori preindustriali in un futuro prevedibile, né lo farà l’incremento dell’albedo del pianeta causato dalle attività umane, che ha un effetto raffreddante. Pertanto, è assurdo chiedere che la concentrazione di CO2 venga ridotta fino a 280 ppm. In effetti, se con una bacchetta magica riuscissimo a ridurre l’anidride carbonica dalle attuali 389 ppm a 280 questo cambierebbe la radiazione di calore della Terra verso lo spazio di almeno 2 W/m2, e il pianeta precipiterebbe in una condizione di clima più freddo, probabilmente più freddo di quanto registrato durante la Piccola era glaciale.


Articolo pubblicato su Puntosostenibile n. 8, ottobre 2010. Traduzione di Diego Tavazzi