Negoziati sul clima
Intervista a Federico Brocchieri, febbraio 2021
Dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e azzerarle entro il 2050. A queste condizioni, secondo l’ultimo rapporto Ipcc, sarà possibile contenere l’aumento della temperatura media globale entro +1,5 gradi dai livelli preindustriali, evitando le peggiori conseguenze della crisi che si manifesta con fenomeni sempre più estremi.
Si è aperto dunque un decennio decisivo per la lotta al cambiamento climatico, che da 25 anni si basa sui processi negoziali, in cui tutti i paesi del pianeta lavorano insieme per stabilire accordi e obiettivi comuni di contenimento delle emissioni. E dopo l’arresto forzato dovuto alla pandemia, si riparte nel 2021 dalla Cop26 di Glasgow con nuove speranze e ambizioni, l’Italia protagonista come ospite dei due eventi preparatori, e il rientro in scena di un paese da sempre molto discusso su questi temi. Abbiamo parlato di tutto questo con Federico Brocchieri, giovanissimo membro del gruppo tecnico-negoziale dell’Italia e dell’Unione europea e autore del libro I negoziati sul clima.
I negoziati sul clima
Storia, dinamiche e futuro degli accordi sul cambiamento climatico
Federico BrocchieriLa collaborazione internazionale per risolvere la crisi climatica si fonda dal 1995 sugli incontri annuali della Conferenza delle parti (Cop), a cui tu partecipi dal 2011. I negoziati sono processi con meccanismi tecnici e politici molto complessi. Come ne spiegheresti il funzionamento ai non addetti ai lavori?
Innanzitutto, occorre chiarire che i negoziati sul clima costituiscono un percorso: i testi come l’Accordo di Parigi non nascono \'dal nulla\' nel corso delle due settimane di una Cop, bensì sono frutto di specifici gruppi di lavoro con il compito di portare a termine un mandato in un dato arco temporale (per esempio, il gruppo di lavoro per sviluppare quello che sarebbe diventato l’Accordo di Parigi fu istituito nel 2011, con il mandato di completare il lavoro entro il 2015). Inoltre, essere giunti alle porte della Cop26 non significa che le 25 conferenze precedenti siano state un fallimento. Come ogni percorso, il negoziato sul clima è fatto di tappe, alcune con esito positivo, altre meno. Ciò riflette non solo le diverse congiunture politiche che si susseguono a livello globale, ma anche le oggettive complessità nel mettere d’accordo 197 Paesi su tematiche di estrema importanza con implicazioni profonde non solo per il clima e l’ambiente, ma anche per gli equilibri geopolitici che toccano le sfere dell’energia e dell’economia, le questioni sociali e tanto altro.
Quali risultati sono stati ottenuti finora e quali sono i prossimi passi necessari?
In questi anni i negoziati sul clima hanno indubbiamente portato a dei risultati positivi. Strumenti come il Protocollo di Kyoto hanno infatti consentito di giungere ad approcci condivisi per la riduzione delle emissioni di gas serra in particolare da parte dei paesi industrializzati. Gli scenari ci dicono chiaramente che senza tali politiche oggi ci troveremmo in una condizione ancor peggiore e fuori controllo. D’altra parte, è innegabile come gli sforzi messi in campo fino a oggi, anche attraverso il primo round di contributi (“Ndc”) nell’ambito dell’Accordo di Parigi, ancora non siano sufficienti a raggiungere gli obiettivi che la scienza ha indicato come necessari per scongiurare gli impatti peggiori del cambiamento climatico. Per questa ragione, è essenziale che la cooperazione tra paesi prosegua, cercando di facilitare le condizioni affinché i paesi siano in grado di aggiornare rapidamente al rialzo i propri Ndc; in questo senso, i prossimi negoziati saranno fondamentali.
Gli Stati Uniti, un paese da sempre controverso sull’azione climatica, sono appena rientrati nell’Accordo di Parigi. Cosa ci si aspetta dall’arrivo del presidente Biden e dalla presenza degli Stati Uniti alla Cop26?
Le prime mosse del neopresidente Biden hanno certamente trasmesso al mondo segnali positivi. Il rientro nell’Accordo di Parigi consentirà agli Stati Uniti di avere un ruolo attivo alla prossima Cop26, con la possibilità di partecipare anche alle sessioni dedicate all’attuazione dell’Accordo. Questo aspetto è importante perché la presenza degli Usa, oltre a essere significativa per ciò che il paese può contribuire in termini individuali, può generare un effetto-domino anche sulle altre grandi potenze. Naturalmente, sarà anche necessario verificare l’attuazione dell’imponente pacchetto di misure per il clima che Biden ha annunciato a livello nazionale, affinché il paese dia seguito agli impegni che tornerà ad assumere anche agli occhi del mondo.
Il 2020 è stato spesso preannunciato come “l’anno dell’ambizione”. È stato così?
Prima dell’impatto della pandemia, il 2020 era considerato un appuntamento importante specialmente in virtù del primo ciclo quinquennale di aggiornamento degli Ndc presentati nel 2015. Di fatto, la prima occasione per verificare effettivamente un concreto aumento degli impegni dei paesi, ovvero dell’ambizione globale, nel corso del tempo. Inoltre, proprio a partire dal 2020 iniziava la fase di attuazione di questi primi impegni, che spesso hanno come orizzonte attuativo il 2030. Naturalmente, la pandemia ha cambiato le carte in tavola nel 2020, spostando il focus dall’emergenza climatica a quella sanitaria. Nel 2021, mentre i paesi avviano i percorsi per la ripresa sanitaria ed economica, è essenziale che il clima torni al centro delle agende politiche: la scienza è stata chiara nel ribadire quanto il decennio 2020-2030 sia essenziale per avviare una riduzione rapida, estesa e incisiva delle emissioni globali. Se falliremo in questi 10 anni, con ogni probabilità sarà poi troppo tardi per scongiurare gli impatti peggiori del cambiamento climatico.
L’Italia ospiterà i due eventi preparatori alla Cop26 di Glasgow: la Pre-Cop26 e l’evento dedicato ai giovani Youth4Climate: Driving Ambition. Come si svolgerà quest’ultimo? Sarà veramente un’occasione che permetterà ai più giovani, molto impegnati sul fronte clima, di far sentire la propria voce?
Credo che l’evento Youth4Climate offra realmente un’occasione senza precedenti per i giovani di avanzare le proprie proposte, in quanto avranno la possibilità di farlo da un palcoscenico privilegiato che darà loro la possibilità di interagire con i Ministri che parteciperanno alla Pre-Cop26. Negli ultimi anni, i movimenti giovanili per il clima sono stati spesso caratterizzati come soli movimenti di protesta, ma credo che in realtà oltre a questo ci sia anche una componente propositiva particolarmente valida, con tante competenze e idee che meriterebbero di essere valorizzate.
I negoziati sul clima è il tuo primo libro. A chi ti rivolgi e quale messaggio vuoi trasmettere?
Cerco di rivolgermi a tutti coloro che abbiano sentito parlare di questo processo, senza avere avuto l’opportunità o gli strumenti per approfondirne il funzionamento e le vere dinamiche. Ma anche agli studenti, perché il clima costituisce sempre più una dinamica trasversale in ambito scolastico e universitario, pur mancando finora testi che ne affrontassero in maniera organica e completa i processi decisionali internazionali. Il messaggio che cerco di trasmettere è che questo processo debba essere compreso e sostenuto, abbracciandone le intrinseche complessità, perché è solo attraverso il multilateralismo che si può realmente porre rimedio a un problema di natura globale.
Articolo pubblicato su PuntoSostenibile n.1 2021
Immagine: Mika Baumeister (Unsplash)