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Il clima è cambiato. Adesso tocca alla politica darsi da fare

Intervista a Stefano Caserini, ottobre 2019

di Diego Tavazzi
pubblicato il 17/04/2019

Riproponiamo un'intervista fatta nel 2019, perché oggi rispetto ad allora abbiamo ancora meno tempo a disposizione... Tra chi nega i cambiamenti climatici (sempre meno, per fortuna) e chi prospetta catastrofi senza rimedio, Stefano Caserini sottolinea che, a fronte di una situazione davvero complicata, di buone notizie ce ne sono. Il tempo a disposizione però si assottiglia, e non possiamo più permetterci distrazioni o ripensamenti. E questo vale (soprattutto) per la politica. 

Il clima è (già) cambiato

9 buone notizie sul cambiamento climatico
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Rispetto alla prima edizione del 2016 si è persa una buona notizia, da dieci siamo infatti passati a nove. Puoi dirci cosa è successo da allora? 

Negli ultimi anni è ulteriormente aumentata la consapevolezza del problema del surriscaldamento globale e la decarbonizzazione del sistema energetico mondiale ha fatto passi in avanti. Ma la velocità di questo cambiamento non è coerente con i numeri dell’Accordo di Parigi, il mantenere l’aumento delle temperature globali “ben al di sotto dei 2 °C e cercare di fermarsi a 1,5 °C”. Dopo l’uscita della prima edizione l’Accordo è stato rapidamente ratificato, oggi da più di 185 Stati (su 197 che l’hanno firmato). Sulla base delle politiche “domestiche” messe in campo e di quanto visto nelle ultime COP non sembra ci sia in campo un livello di ambizione coerente con i limiti di contenimento dell’aumento delle temperature concordati: serve un livello di impegno dei singoli Stati molto più elevato. E la risorsa tempo è sempre più scarsa, ormai non possiamo ritardare oltre.

Ci sono stati progressi o innovazioni tecnologiche che fanno sperare che il problema possa essere gestito senza aggravare i problemi che già dovremo affrontare?

Sul lato delle energie rinnovabili sono successe molte cose interessanti. I costi della produzione di elettricità con il sole e il vento hanno continuato scendere, una tendenza che già avevo segnalato nella prima edizione del libro. L’ultima analisi di Bloomberg ha mostrato un’ulteriore riduzione dei costi di produzione di elettricità con queste fonti, con impianti di grande scala, del 18% e del 10% solo nell’ultimo anno. Ormai la produzione elettrica fotovoltaica e eolica su grande scala è competitiva con le energie fossili. Inoltre, anche gli accumulatori di energia hanno ridotto molto i loro costi, il costo di accumulo con grandi batterie al litio si è ridotto del 35% solo nell’ultimo anno. Sono numeri impressionanti che fanno ben sperare sulla possibilità che le rinnovabili possano sostituire i fossili.
Nella seconda edizione ho aggiunto maggiori spiegazioni sulle tecnologie di rimozione di CO2 dall’atmosfera, che negli ultimi anni sono stati la novità scientifica e tecnologica, sono stati pubblicati centinaia di articoli scientifici su questo tema. Ormai è chiaro che gli obiettivi dell’Accordo di Parigi non basta neppure andare a zero rapidamente con le emissioni. La decarbonizzazione va fatta subito e rapidamente, ma bisogna prepararsi a fare anche qualcosa di più, e la ricerca e sviluppo su queste tecnologie è importante che parta presto e che venga sostenuta.

Ci sono buone notizie per il nostro paese (sul clima, ovviamente)?

No, su questo non vedo molte buone notizie. Il 2018 è stato l’anno record da quando sono disponibili i dati di temperature medie a scala nazionale. I dati dell’ISAC CNR ci dicono che rispetto ai primi decenni del XX secolo le temperature medie in Italia sono aumentate di quasi 3 °C. Non c’è da scherzare, ce ne siamo anche accorti in Italia che il clima è già cambiato. E un altro grado in più (mezzo grado a scala globale) non ce lo leva nessuno. Quindi è anche importante prepararsi, con le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici.

Tra serate, incontri pubblici, speech e fiere fai molte presentazioni del tuo libro. Qual è il sentimento che prevale tra chi ti ascolta? E hai notato dei cambiamenti da quando hai iniziato a girare l’Italia?

L’interesse sul tema è cresciuto enormemente, orami è normale che nelle serate sul clima ci siano poche sedi vuote o anche il tutto esaurito. C’è molta voglia di capire non solo quello che potrebbe succedere, ma anche quello che realmente si può fare. Va detto che c’è anche un senso di frustrazione, di sfiducia che si possa fare qualcosa. In particolare molta sfiducia nella politica. Si è persa l’idea che le istituzioni possano essere la guida per questo cambiamento, che siano condannate strutturalmente ad occuparsi di questioni più contingenti, o a parlare d’altro. È una sfiducia certo meritata. Ma per cambiamenti così profondi e rapidi come quelli da mettere in campo nei prossimi due-tre decenni non bastano le azioni individuali, i comportamenti virtuosi dei singoli cittadini. Servono un’azione politica seria e coordinata, investimenti nella nuova infrastruttura energetica, disinvestimenti e stop ai sussidi irrazionali al mondo dei fossili, il mix di incentivi e disincentivi, giusto per fare qualche esempio. Il maggiore interesse e anche la crescente mobilitazione devono tradursi in una spinta a tutti i livelli della politica.

Articolo pubblicato su Puntosostenibile n. 2 2019      

Immagine: Tobia Rademacher (Unsplash)