Una Terra per tutti
Anche senza guerra popolare (è Natale)
“Nella società divisa in classi le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili”.
Mao Tse-Tung.
Citazione da uno scritto del 1936 contenuta in un vero oggetto da capsula del tempo, una pubblicazione della Casa Editrice in Lingue Estere, stampata a Pechino nel 1968. Un passo che guardando all'oggi dovrebbe suscitare qualche riflessione. Da allora il mondo è cambiato più volte, la Cina poi enormemente, ma come cantava Shirley Bassey con i Propellerheads nel 1998, "it's just a little bit of history repeating". Qualcosa ritorna sempre: non Mao Tse-Tung e nemmeno la Lunga Marcia, ma la divisione della società in classi è decisamente qui con noi, tornata a farci compagnia dopo la fine dell’illusione del progresso sociale per tutti.
L’“elevatore sociale” si è bloccato al piano terra e per più di qualcuno al piano -1, mentre la crescita delle disuguaglianze oggi ci propone dati che ci riportano decisamente indietro nel tempo: secondo il più recente rapporto Istat in Italia alcune politiche hanno permesso di contenere la crescita del rischio povertà per le famiglie, ma i dati cui guardare parlano di individui in condizione di povertà assoluta (triplicati tra 2005 e 2021), di fragilità dei nuclei familiari (raddoppiata) o di povertà assoluta tra i giovani di età compresa tra 18 e 34 anni (quadruplicata).
Una Terra per tutti
Il più autorevole progetto internazionale per il nostro futuro
a cura di Jørgen Randers, Johan Rockström, Sandrine Dixson-Declève, Owen Gaffney, Jayati Ghosh, Per Espen StoknesE poi c’è l’altro aspetto che per la nostra struttura sociale è particolarmente significativo: l’assoluta staticità che fa sì, come sostengono alcuni autori, che in Italia “la disuguaglianza è per sempre”, te la porti dietro come un’eredità (e il paragone non è casuale). Le eccezioni cui potremmo pensare guardandoci attorno non contano nulla a fronte dei dati. Se i concetti di classe tradizionali si sono dissolti in una polverizzazione tra tanti status diversi, sono le differenze tra una collocazione e l’altra a essersi acuite drasticamente, grazie a una crescente ed estrema polarizzazione delle ricchezze, l’assenza di meccanismi redistributivi, la devastazione del mercato del lavoro (del significato stesso del lavoro) e a molti altri fattori collaterali. E le disuguaglianze assumono molteplici sembianze: di reddito, di genere, geografiche e ambientali, generazionali. Perché tutto questo oggi non abbia come esito la “guerra popolare” va decisamente oltre le possibilità di questo editoriale, ma suggerisce buoni, anzi ottimi motivi per leggere l’ultimo Rapporto al Club di Roma Una Terra per tutti che sintetizza gli esiti di un vasto lavoro di analisi e ricerca sviluppato nel quadro dell’iniziativa Earth4all, progetto che vede coinvolto un gran numero di scienziati ed economisti tra i quali molti nomi già familiari per i nostri lettori (e qualcuno che prossimamente lo diventerà). Il rapporto è totalmente focalizzato sull’elaborazione di scenari e sulle proposte che ne derivano: cinque grandi svolte realizzabili nello spazio di una generazione, andando a individuare i nodi fondamentali su cui intervenire per sbloccare i processi che possono portare a una transizione verso una società più giusta e sostenibile. E il nodo delle disuguaglianze è decisamente in primo piano come elemento che può rendere inefficace, se non controproducente, ogni progetto e ogni politica tesa all’obiettivo di cui sopra.
Tra gli scenari e le soluzioni proposte non c’è la guerra rivoluzionaria di cui parlava il Presidente Mao, ma se un cambiamento radicale si può chiamare “rivoluzione” allora sì, Una Terra per tutti è un libro che parla di una rivoluzione, ma fatta di azioni possibili, di politiche attuabili allo stato attuale di conoscenze e sviluppo tecnologico.
Immagine: Nuno Alberto (Unsplash)