Competitività fossile
Le nuove norme della presidenza Trump hanno smontato l’intero Green New Deal Usa in 24 ore.
È
un Donald Trump aggressivo quello che si è visto il 20 gennaio 2025 e
che non ha perso tempo. La prima raffica di ordini esecutivi il
presidente degli Stati Uniti li ha firmati già sul palco della Capital
One Arena nel centro di Washington, subito dopo il giuramento, e poi ha
proseguito immediatamente dopo dallo Studio Ovale alla Casa Bianca.
Prima di tutto ha rifatto uscire gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi,
ha dichiarato l’emergenza energetica nazionale – in un Paese che è
autonomo sul fronte delle fonti fossili ed è addirittura esportatore
netto sembra un paradosso – ha autorizzato una serie di perforazioni in
Alaska, ha ritirato le concessioni per l’eolico off shore e sottoposto a
revisione tutte le pratiche d’autorizzazione per l’eolico più in
generale, fermato “l’ambientalismo radicale” per fornire acqua alla
California, liberalizzato lo sfruttamento minerario, sia per metalli sia
per idrocarburi, eliminato i sussidi per i veicoli elettrici e quelli
per gli elettrodomestici efficienti, e dedicato particolare attenzione "al petrolio, al gas naturale, al carbone, all'energia idroelettrica,
ai biocarburanti, ai minerali critici e alle risorse energetiche
nucleari".
Che cosa è l’energia rinnovabile
oggi
Gianni SilvestriniMa non basta. In uno degli ordini esecutivi si scioglie il Gruppo di lavoro interagenzia sui costi sociali dei gas serra (IWG) e tutte le linee guida, istruzioni, raccomandazioni o documenti emessi dall'IWG vengono ritirati in quanto non più rappresentativi della politica governativa. E ancora si legge che: "calcolo del ‘costo sociale del carbonio’ è caratterizzato da carenze logiche, una base debole nella scienza empirica, politicizzazione e l'assenza di un fondamento nella legislazione. Il suo abuso rallenta arbitrariamente le decisioni normative e, rendendo l'economia degli Stati Uniti non competitiva a livello internazionale, incoraggia un maggiore impatto umano sull'ambiente, offrendo ai produttori di energia stranieri meno efficienti una quota maggiore del mercato globale dell'energia e delle risorse natura". In queste poche righe, provenienti dal sito della Casa Bianca, troviamo il costrutto teorico dello smantellamento del Green New Deal messo in relazione alla competitività del sistema Paese, privando, oltretutto, l’amministrazione federale di un indicatore come quello del “costo del carbonio”.
Guardando nel dettaglio i vari ordini esecutivi, ciò che emerge è il fatto che sono molti i dispositivi che intaccano o annullano questioni ambientali ed energetiche che sono adottate in base a logiche più attinenti al “senso comune” declinato sotto il profilo politico rispetto alle effettive analisi scientifiche o economiche. L’impressione è che con questo attacco frontale al clima si voglia, da parte della nuova amministrazione Trump, creare una bolla di consenso politico al di là di scienza ed economia. Si tratta di un aspetto particolarmente pericoloso per la lotta ai cambiamenti climatici, perché tende ad occultare l’emergenza climatica e quindi anche le politiche d’adattamento, che subiranno negli Usa una brusca battuta d’arresto, dando adito all’adozione di politiche simili anche in altri Paesi. E la tentazione dell’Europa di seguire Trump su questo percorso è tangibile. Già l’inserimento di nucleare e gas naturale nella tassonomia europea per il Green New Deal è cosa fatta da tempo, e una serie di direttive, come l’EPBD sugli edifici, sono state depotenziate; ma è certo che a Bruxelles si leveranno delle voci che chiederanno azioni analoghe a quelle della presidenza Trump per difendere la competitività fossile europea, che a fronte di due giganti come Usa e Cina soccomberà in pochi anni. E ciò per una questione semplice: l’Europa non possiede fonti energetiche proprie.
Articolo pubblicato su Nextville.it, 22 gennaio 2025
Immagine: Annie Spratt (Unsplash)