Il capitalismo affonda. E noi con lui
Una Terra per tutti
Il più autorevole progetto internazionale per il nostro futuro
a cura di Jørgen Randers, Johan Rockström, Sandrine Dixson-Declève, Owen Gaffney, Jayati Ghosh, Per Espen StoknesL’elefante rosa fa quindi le piroette nella stanza da circa mezzo secolo, ma solo davanti alle prime evidenze di catastrofe ambientale anche i più affezionati al potere del capitale hanno iniziato ad aprire gli occhi: serve una svolta. Una di quelle epocali.
Alcuni invocano riforme e una maggiore presenza dello stato nell’economia, addirittura grandi gruppi come Bosch e Goldman Sachs discutono di privilegiare prima gli interessi della comunità che quelli degli azionisti, alla volta di un “capitalismo più equo e sostenibile”. Parliamo di benessere, servizi e risorse per tutti, non solo per pochi. Una prosperità diffusa che non provenga, necessariamente, da un sistema di crescita esponenziale. E che, soprattutto, non gravi sulla salute del Pianeta.
Due dei nostri libri entrano nel dettaglio. Il primo riesce nell’ardua impresa di spiegare cosa sia la decrescita, sfatando falsi miti e paure legate a scenari di regressione, ed è Che cosa è la decrescita oggi di Giorgos Kallis, Susan Paulson, Giacomo D’Alisa e Federico Demaria. Il secondo è Prosperità senza crescita di Tim Jackson, volume che l’articolo definisce “una delle pietre miliari della critica moderna al capitalismo".
Questo saggio – si legge – “descrive l’economia come un sistema che ‘per sua natura deve far affidamento sulla presunta voracità dei bisogni umani, nella costante attesa di una crescita continua dei consumi’. Il capitalismo insinua che l’essere umano è inevitabilmente portato a desiderare sempre di più: più soldi, più proprietà e ancora altro. Sono tutte stupidaggini, dice Jackson. Solo gli economisti credono che questo sia l’unico modello possibile”. La notizia cattiva, quindi, è che il modello economico perseguito ciecamente finora ci ha portati su una strada dissestata ed estremamente pericolosa. Quella buona – dice Jackson – “è che per ottenere la prosperità non serve alcun cambiamento radicale della natura umana”.
Per fortuna. Visto che, con questo ritmo, non si sa per quanto tempo ancora rinunciare alla crescita possa essere una scelta volontaria. E non obbligata dal raggiungimento di un punto di non ritorno.
Immagine: Illustrazione digitale di Samson J. Goetze per Der Spiegel.